“Finisci quello che hai nel piatto se no niente dolce!”

Questa nuova serie di vignette è un po’ diversa: non vedrai protagonisti un adulto e un bambino, ma due adulti che “interpretano” una conversazione che generalmente avviene tra un adulto e un bambino.
Il desiderio è quello di stimolare un cambio di prospettiva: a volte quando ci rivolgiamo ai nostri figli usiamo frasi fatte senza pensare davvero al loro significato, li sminuiamo e li prevarichiamo. Questo succede più per abitudine che perché si ha l’intenzione di farlo. Se di fronte avessimo un altro adulto come reagirebbe? Ho voluto immaginarlo con un po’ di ironia, grazie all’aiuto delle bellissime illustrazioni di Stella.

L’obiettivo non è quello di giudicare: se riconosci le tue frasi di genitore in quelle che ho scelto prova a riflettere sull’effetto che hanno, chiediti se ti piace che quello sia il modo in cui ti rivolgi ai tuoi figli o se magari potresti essere più in ascolto e usare un po’ di rispetto.
E soprattutto, spero che oltre a stimolare riflessioni queste vignette ti facciano sorridere!

Chi non ha mai detto la frase qui sopra?
Chi non se l’è mai sentita dire da bambino?
E se te la dicessero da adulto, come reagiresti?

Quando ho pubblicato questo contenuti sui social si è acceso un dibattito sull’opportunità o meno che un genitore costringa un figlio a finire il piatto che ha davanti. Riposto alcuni scambi interessanti:

“Io lo faccio perché mi dispiace sprecare cibo, mi piacerebbe insegnare a mangiare quello che si sente ma non mi piace l’idea che possa farsi che lasciare il cibo nel piatto va bene, al di là del dolcino finale!”
”Forse allora si tratta di imparare quanto cibo servirsi. In una conversazione con una nutrizionista esperta di mindful eating mi aveva molto colpito sentirla riflettere su come consideriamo “sprecato” il cibo gettato in spazzatura perché ci sentiamo sazi ma non venga considerata sprecato il cibo che ci costringiamo a mangiare oltre il senso di sazietà.”
”Anch'io come te, ma perché i nostri genitori, e a loro volta i loro genitori che hanno vissuto in tempi dove non c'era tutta questa abbondanza, si insegnava a non sprecare niente. Io con il tempo ho imparato, ma non sempre lo faccio, a mettere il cibo in ciotole e ognuno si prende la quantità che desidera. Quello che avanza lo mangio io a pranzo del giorno successivo.”

“Io di solito dico sbrighiamoci a mangiare tutto che poi c'è il dolcetto. Non so se sia un comportamento giusto.”
”L’unico limite può essere un messaggio nascosto: leviamoci di torno le cose noiose che poi c’è quella buona.”

“C’è una cosa che non capisco: ma perché i bambini devono mangiare sempre TUTTO? A me capita di andare a ristorante e ricevere un piatto di pasta più grande della fame che ho. Oppure di mangiare poco anche a casa perché ehm quello che ho davanti non mi fa impazzire oppure perché Quel giorno, in quel momento, non ho fame. Perché pretendiamo che loro invece “mangino tutto”, ovvero alimenti e quantità decise da noi (magari su suggerimento del pediatra) e facciamo una tragedia (non ti alzi da tavola: prima finisci tutto poi giochiamo ecc ecc) se loro si comportano diversamente? (Ovviamente si parla di bambini sani, non in situazioni critiche di salute ecc ecc) Non si tratta di “mettersi alla pari”, ma di capire che sono esseri umani e possono avere preferenze, momenti storti o, semplicemente, in quel momento, poco appetito.”
”Sono molto molto d’accordo con te. Provo a dare alcune spiegazioni.
1) pensiamo di sapere sempre cosa è giusto per i nostri bambini
2) abbiamo un’idea un po’ obsoleta di un “buon completamento”
3) non ci fidiamo della capacità dei bambini di ascoltare il proprio corpo
4) i bambini a volte usano frasi scorrette tipo “sono pieno” invece di dire “sono stufo di pesce, vorrei passare al dolce” e noi li mettiamo spalle al muro sulla coerenza: se sei pieno allora niente dolce se no finisci il pesce
5) dopo aver subito questo trattamento da piccoli ora ci prendiamo una (inconsapevole) rivincita sui nostri figli”


Illustrazioni: Stella Santin per Il Genitore Consapevole
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