Dubbi e paure di un papà sulla disciplina positiva

Capita a volte che mi ritrovi in sessione con coppie in cui uno dei due genitori (solitamente la mamma) è molto sicura di voler adottare un approccio ”gentile” all’educazione mentre il papà ha dei dubbi, delle reistenze o delle paure che a volte esterna con fervore e a volte rivela attraverso certe espressioni del volto o delle spalle. Amo moltissimo questi incontri perché capisco bene che si possa fare fatica ad accettare di prendere una strada sconosciuta e mi piace offrire uno spazio sicuro in cui parlarne. In più, ho fatto e faccio tanta pratica di queste conversazioni con mio marito, che ho voluto intervistare per portarvi la sua testimonianza e che ringrazio per la sua onestà nelle risposte.

Di seguito trovi le mie domande e le risposte di Niccolò.

Quando abbiamo iniziato a parlare di educazione rispettosa avevi diverse paure e istintivamente opponevi una certa resistenza. Poi però ti ho visto comprendere e scegliere per nostra figlia un approccio molto lontano dall'esempio che tu hai avuto crescendo. Cosa ti ha portato in questa direzione?

Sono stati stimoli diversi, non sempre o per forza combacianti, che mi hanno portato a superare la mia resistenza. Da una parte, senza dubbio, la stima che ho per te e per la tua ricerca, per il tuo impegno nella comprensione di un approccio nuovo e diverso all'educazione: non mi sarebbe stato possibile ignorare i tuoi principi e le tue idee, mi è sempre venuto naturale ascoltarli e dibatterli, per comprenderli, sia con te, sia soprattutto con me stesso. Però c'è stato anche altro, meno lineare nel suo lavorìo interno, a stimolarmi in questo senso. La consapevolezza che in più di un'occasione applicare metodi di educazione impositiva mi aveva magari fatto sfogare sul momento rabbia e nervosismo, ma mi aveva anche lasciato addosso tensione e insoddisfazione personale. E ancora di più il pensiero che stavo mettendo in pratica i metodi educativi che avevo subito in prima persona, da bambino, e che in molte occasioni, a volte consapevolmente e a volte meno, mi avevano fatto star male quando ero piccolo. 

Quali sono i dubbi che ancora ti restano rispetto alla disciplina positiva?

Per dirla nel modo più diretto possibile, il fatto che non ho del tutto fiducia nell'idea che gli esseri umani - sicuramente conta anche molto l'idea che ho io di me - siano in grado di imparare cose non immediate, che magari richiedono impegno e un poco di sacrificio di quel che è più comodo, senza uno stimolo in qualche modo negativo. Senza, insomma, che si instilli il timore di una conseguenza negativa alle proprie azioni non conformi alle regole e ai doveri. 

Quali pensi siano invece i risultati che stiamo ottenendo in questo modo?

Sono molti e molto concreti. Credo che il nostro approccio ci permetta di coltivare una relazione fatta di ascolto e di comprensione, ma anche di far crescere la fiducia in se stessa di nostra figlia, che non si sente mai esclusa dal cerchio familiare, anche quando sente di non essere nel giusto con le proprie azioni. Inoltre ci liberiamo dal peso di sentirci in difficoltà per l'aggressività che viene resa necessaria da un approccio impositivo all'educazione, sono tossine che rendono la propria visione della quotidianità sicuramente più pesante. Semplicemente, viviamo meglio il nostro essere genitori e questo ci rende punti di riferimento, ed esempi, migliori per nostra figlia.

Che cosa ti viene più difficile in questo percorso?

Il fatto che se sono stanco, nervoso, o anche più semplicemente non in pace con me stesso e con la mia vita extra-genitoriale, le reazioni che mi sono più istintive e prossime sono quelle che ho introiettato nella mia crescita. Dunque la severità e l'applicazione di una comunicazione che è esclusivamente top-down, dall'alto al basso. E' una forma di difesa istintiva, che poi ottiene risultati controproducenti, ma resta quell'istinto di base. 

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