Qual è la differenza tra punizioni e conseguenze?
Punire e mettere delle conseguenze non sono la stessa cosa.
Se c’è un orario per spegnere la luce, ne consegue che se facciamo tardi non ci sarà tempo per leggere (o altre attività della vostra routine serale). Quindi INFORMO mio figlio affinché possa fare la scelta migliore per sé. Faccio appello alla sua capacità di comprensione e gli consento di mettere in campo un comportamento ragionevole. Faccio tutto questo con fermezza e gentilezza, senza umiliare o spaventare.
Se minaccio, urlo o uso strumenti punitivi, invece, è possibile che io ottenga obbedienza ma sto anche:
- minando la fiducia alla base della nostra relazione
- trasmettendo il messaggio che la “violenza” è un buon modo per risolvere i conflitti
- intaccando l’autostima di mio figlio/a
- alzando il mio livello di stress, frustrazione e insoddisfazione
- diminuendo la mia autostima come genitore
Attenzione, tutto questo è vero se urlare, minacciare e punire sono la mia modalità ABITUALE di intervento. Se un giorno sono particolarmente stanca o molto di fretta perché devo ancora finire di lavorare e mi lascio scappare una reazione che non è proprio quella che vorrei, non succede nulla. Abbiamo la possibilità di chiedere scusa, raccontare le nostre emozioni e riparare.
Aggiungo una precisazione: le conseguenze non sono estemporanee. Dire improvvisamente “Hai fatto tardi! Adesso non leggiamo!” è sleale nei confronti del bambino o bambina se prima non è stato avvertito e messo nella condizione di fare bene.
Allo stesso modo, siccome comprendere il senso di una conseguenza implica una certa capacità di ragionamento, questa è una modalità comunicativa che possiamo introdurre intorno ai tre anni. Prima nel bambino la parte razionale del cervello è troppo poco sviluppata. Bisognerà allora fare appello alla propria creatività per trovare il modo di ottenere la collaborazione di un bambino più piccolo.
Illustrazioni: Stella Santin per Il Genitore Consapevole