Interruzione volontaria di gravidanza: voci delle donne che l’hanno affrontata
Interruzione Volontaria di Gravidanza, IVG
In questo post parlo di Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG). Non lo faccio in qualità di esperta ma di donna e madre che come professionista entra in contatto con tantissime donne e madri e ha la possibilità di raccoglierne le paure, i dubbi, le fatiche e le storie.
L’Interruzione Volontaria di Gravidanza è un argomento attorno al quale spesso c’è dolore, vergogna, confusione, stigma, disinformazione e tanta solitudine. Io ho deciso di dare voce in forma anonima alle persone che ci sono passate a beneficio di tutte quelle che ci passeranno e che si troveranno a digitare su un motore di ricerca:
sono incinta e voglio abortire
interruzione volontaria di gravidanza opzioni
storie di donne che hanno abortito
Le testimonianze che si trovano oggi online sono decisamente più numerose rispetto a solo qualche anno fa, ma sono spesso “casi” che per un motivo o per l’altro sono arrivati sulla stampa e vengono presentati con un taglio specifico. Probabilmente avrei fatto anche io una cosa simile, ma quando ho pubblicato un questionario sull’argomento ho ricevuto 129 risposte in 24 ore e ho sentito una responsabilità diversa: quella di provare a creare una narrazione collettiva, complessa e varia come le esperienze delle persone.
Nel questionario avevo posto solo domande aperte, quindi all’inizio ho dovuto sintetizzare le risposte e accorparle per tipologia in modo da riuscire anche a restituire dei dati comprensibili. Partirò quindi dai numeri, per poi arrivare alle parole.
Un po’ di contesto
Come dicevo, il campione da cui parto è di 139 donne. Il 98% di queste ha effettuato l’IVG dopo il 2000, con un picco registrato nel 2018..
Tra queste donne, il 34,1% era già madre al momento dell’IVG mentre il 62,8% era alla sua prima gravidanza. Il 3,1% non ha risposto a questa domanda.
Più di un terzo delle donne che hanno interrotto la gravidanza (tra coloro che mi hanno risposto), aveva quindi uno o più figli a casa.
Il 78,8% delle persone che hanno risposto al sondaggio ha detto che nel momento in cui si è trovata a scegliere di interrompere la gravidanza non conosceva le proprie opzioni e i passaggi successivi. La raccolta di informazioni è avvenuta prevalentemente tramite i professionisti sanitari più vicini (ginecologə o medicə di base) e i servizi pubblici disponibili (consultorio o ospedale). Le esperienze sono molto diverse e vanno da professionalità e rispetto a giudizio e violenza psicologica. Circa il 6% si è rivolta a internet come prima fonte di informazione e una percentuale ancora più piccola ha chiesto aiuto a un’amica o alla madre.
“Non avevo idea di cosa fare, ho cercato su internet e chiamato un consultorio, lì mi hanno fissato un appuntamento.”
“Mia madre mi ha accompagnata ad un consultorio, rigorosamente lontano da casa, non si doveva sapere, viviamo in un paese.”
“Sapevo che come prima cosa mi dovevo rivolgere ad un consultorio, ho cercato i numeri online e mi hanno dato un appuntamento a breve (entro una settimana credo).”
“Sono stata informata al momento, una volta presa la decisione, in maniera chiara, empatica e accogliente.”
“La mia ginecologa ci ha tenuto subito a specificare che non era un obiettore, che mi avrebbe supportato in ogni passo e cosi è stato. La genetista che ha effettuato la villocentesi è stata un altro valido aiuto. Non ci siamo mai sentiti giudicati dal personale sanitario che abbiamo incontrato.”
“Non ho avuto alcuna informazione. La prima ginecologa era obiettrice e quindi dovemmo cambiare ospedale. Nessuno mi spiegò niente, sapevo solo che dovevo fare un intervento senza scendere nei dettagli.”
“Non avevo la più pallida idea di cosa fare e dove chiedere informazioni. Ho chiamato in ospedale ma è stato un percorso a ostacoli pieno di vergogna, violenza verbale e discriminazione. Interni che non venivano passati, telefonate rimbalzate, linee che cadevano appena pronunciavo la parola “abortire”. Quando sono riuscita a parlare con un’operatrice mi è stato risposto che al telefono non davano informazioni su “queste cose” e che se avevo il coraggio di fare una scelta del genere dovevo averlo anche per andare di persona allo sportello e metterci la faccia davanti a tutti. Stessa cosa in consultorio dove il ginecologo (l’unico in servizio) non mi ha nemmeno ricevuta perché obiettore di coscienza.”
Segnalo il sito https://www.freedomleaks.org/: “Promossa dall’associazione Soccorso Civile, col sostegno dell’Associazione Luca Coscioni, permette di trasferire informazioni e segnalazioni in merito al rispetto delle leggi che riguardano i diritti e le libertà delle persone, in maniera sicura, riservata, anonima. In particolare Freedomleaks vuole raccogliere informazioni sullo stato d’applicazione della Legge 194 sull’aborto volontario e sulla contraccezione d’emergenza, ma consente di effettuare segnalazioni di qualsiasi natura e argomento.”
“È stato un calvario. Ho dovuto chiedere a vari medici. Ho anche valutato di andare all'estero.”
Cinque persone mi hanno scritto dall’estero (Regno Unito, Austria, Svizzera e Olanda) e tutte e cinque le loro esperienze sono state estremamente positive.
Perché si sceglie di interrompere una gravidanza?
Qui le cose cominciano a complicarsi e i numeri non bastano più. Ma diamogli comunque uno sguardo. Le motivazioni principali che ho raccolto possono essere sintetizzate in queste categorie:
Ero troppo giovane/non ero pronta: 22,7%
Non era il momento giusto: 21,9%
Diagnosi mediche: 21,1%
Ero sola/lui non era la persona con cui volevo crescere un figlio: 15,4%
Non volevo altri figli: 7,3%
Mancanza di sicurezza economica: 6,5%
Il restante 5% è composto da persone che si sono sottoposte a IVG per volontà altrui:
“Lo ha deciso mia madre”
“La posizione irremovibile del padre che non lo voleva ”
O per situazioni estremamente complesse:
“Era figlio di uno stupro, non avevo intenzione di tenerlo, è stata una scelta consapevole”
Adesso entriamo un pochino di più nella vita delle persone.
Ero troppo giovane/non ero pronta
“Avevo 18 anni, dovevo finire la quinta superiore e stavamo insieme da pochi mesi.”
“Avevo 21 anni e stavo ancora studiando, vivevo a casa con i miei, non ero pronta a diventare madre.”
Non era il momento giusto
“Ero all’inizio di una relazione e non era abbastanza solida per portare avanti la gravidanza.”
“Due anni di lockdown e solitudine (la mia prima gravidanza è arrivata con una PMA) e anche rabbia per la facilità con cui per caso sono rimasta incinta la seconda volta.”
“Mio figlio che aveva 5 mesi e mio marito che aveva appena perso il lavoro.”
“Avevo una figlia di 8 mesi che gestivo completamente da sola, zero aiuti, zero parenti vicino, un trasferimento in un nuovo paese insieme con mio marito a causa del suo lavoro programmato tra 3 mesi. Anche lì sarei stata tutta sola in un ambiente nuovo senza conoscere la lingua del posto. In più, sospettavo di avere una depressione post parto (che a posteriori mi è stata diagnosticata e che ho dovuto curare con i farmaci).”
“2 gemelle di 5 mesi avute da pma dopo anni di rapporti mirati… il destino a volte è proprio crudele.”
“La situazione familiare, fra me e mio marito le cose non andavano bene, e io non mi sentivo in grado di affrontare un'altra gravidanza in quel momento, essendo stata la terza molto pesante in termini fisici..sentivo che non era il momento giusto e non mi sentivo supportata da mio marito (e infatti nei due anni successivi abbiamo passato una brutta crisi arrivando quasi a una separazione).”
Come si vede, alcune persone hanno scelto di interrompere una gravidanza dopo aver affrontato, magari per anni, percorsi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Ha ragione la mamma che ha scritto qui sopra: a volte la sorte è proprio crudele.
Diagnosi mediche
“Alla prima ecografia abbiamo scoperto che c’era una grave anomalia. Era una gravidanza trigemellare con una sola placenta, ad alto rischio sia per i feti che per me.”
“Un problema cardiaco scoperto durante la morfologica”
“Una malattia genetica rara incompatibile con la vita”
“Feto con trisomia 21.”
Nelle situazioni in cui la causa dell’aborto è medica, legata del feto, spesso l’interruzione avviene più tardi e richiede o l’intervento chirugico o il parto. Partorire in queste condizioni lascia un segno molto profondo nel vissuto emotivo delle madri e non solo (anche se qui ho raccolto le voci delle donne).
“Ricordo ogni istante di quel parto, ogni movimento dei medici, degli infermieri. Dopo quella bambina abbiamo avuto altri due figli, ma in quell’ospedale io ho scelto di non rimettere mai più piede in quel reparto. Abbandonata in un letto per 10 ore, a soffrire pensando che piangevo un figlio che stavo uccidendo in fondo, pur avendo miliardi di ragioni per prendere quella decisione. A implorare che qualcuno mi aiutasse, a implorare un taglio cesareo alla fine, a implorare pietà da donne che non mi guardavano nemmeno in faccia. Avrei voluto tanto vedere, se quella figlia fosse stata la loro, con un dolore immenso nel cuore, come si sarebbero sentite ad essere guardate così. Ma l’ospedale di Lecce non è di sicuro rinomato per la sua empatia o cura in quel reparto. Uscita il giorno dopo, il senso di solitudine, di incomprensione, mi ha per molto tempo attanagliato l’anima. Da quel giorno le successive gravidanza, avrebbero portato addosso un peso indimenticabile. Mi sono ritrovata a sapere che fino a quando non ho io bambino in braccio, non si puó essere tranquilli.”
“Il parto è stato molto doloroso e poi sono stata completamente abbandonata a livello psicologico. Mi è venuta anche la montata lattea e nessuno mi ha aiutata a gestirla”
Ci sono anche storie diverse, per fortuna, di ospedali e personale sanitario che hanno saputo accompagnare la famiglia con rispetto ed empatia rendendo l’esperienza più sopportabile, pur nel dolore del momento. La competenza e la sensibilità delle persone che hanno l’onore e l’onere di accompagnarci nei momenti di maggiore vulnerabilità della nostra vita possono fare tutta la differenza del mondo.
“Mi sono sentita sempre compresa, nessuno mi ha fatto sentire il battito o vedere il monitor dell'ecografia prima di procedere, mi hanno offerto un letto e mio marito è potuto stare con me fino al rientro in camera dalla sala parto, ero in una stanza lontano dalle neomamme e anche quando mi hanno portato in sala parto hanno fatto in modo che non vedessi nessuna in travaglio. Ho trovato complicità e gentilezza.”
“Alla dottoressa avevo chiesto di lasciarmi la foto dell'ecografia, dove si vedeva il puntino dell'embrione, e lei ha detto "lascia stare, gira pagina, non era ancora nulla". Mi ha aiutata a rimettere in prospettiva.”
“Ho incontrato persone magnifiche, empatiche, non giudicanti, forse anche grazie a loro non mi sento di essere stata traumatizzata da questa mia importante scelta, per quanto esperienza di vita negativa.”
Ero sola/lui non era la persona con cui volevo crescere un figlio
“Ero sola, il mio fidanzato di allora, non accettato dalla mia famiglia tra l'altro, non voleva assolutamente un figlio. Mi sono sentita incapace e senza l'appoggio di nessuno”
“Quello che era all’epoca il mio fidanzato e la difficoltà/impossibilità di parlarne ai miei genitori. In una parola direi ‘solitudine’.”
Alcune persone hanno voluto specificare come la gravidanza indesiderata sia arrivata nonostante l’uso di contraccettivi:
“Non volevamo altro figli nel modo più assoluto. Abbiamo anche preso precauzione ma non hanno funzionato, evidentemente.”
“Gravidanza non programmata, Inizio di una relazione da poche settimane (poi andata avanti e molto bene, abbiamo un altro figlio insieme, nato dopo!), metodi contraccettivi che non hanno funzionato.”
“MAI nella vita avrei pensato a una cosa del genere. Dato che per me era voglio concepire= niente pillola. Non voglio concepire=pillola. E io infatti assumevo la pillola.”
Potrei andare avanti a lungo, selezionare quali testimonianze inserire è stato davvero difficile. Ora mi sposto su un altro aspetto e lo faccio partendo da questo messaggio:
Una donna ha scritto: “Non mi sentivo minimamente matura a sufficienza per poter affrontare la maternità, avevo una relazione da pochissimo, il mio fidanzato era poco convinto, non avevo un lavoro... L'unico motivo per cui volevo tenerlo era non dovermi sottoporre all'intervento e anche a tutte le procedure pre intervento (colloqui, appuntamenti, visite..) perché ero terrorizzata.”
Interruzione Volontaria di Gravidanza ed emozioni
Ho fatto alcune domande sulle emozioni che sono emerse durante questo percorso. Vediamole insieme.
Quando hai appreso di essere incinta, qual è stata la tua prima reazione?
Le risposte che ho ricevuto sono state per lo più brevi, una parola, un'emozione, oppure un insieme di emozioni. Ho scelto di rappresentarle in un grafico e per farlo ho deliberatamente accorpato emozioni della stessa “tonalità” ma con sfumature diverse. Per esempio ho unito gioia e felicità, sorpresa e stupore, panico e terrore, preoccupazione e sgomento. C’è una risposta che non trova rappresentazione in questo grafico perché articolata in modo leggermente diverso dalle persone che l’hanno provata. La riassumerei con la parola determinazione: persone che hanno espresso chiaramente che sapevano fin da subito di voler abortire.
Cosa ricordi dei giorni precedenti a quello programmato per l'interruzione?
Anche in questo caso, le risposte secche riportano in prevalenza parole come angoscia, ansia, paura, tristezza e rabbia. Ma non solo:
“Sinceramente, non vedevo l’ora. Ero nervosa perché avrei voluto seguire tutti i passaggi correttamente e per tempo, e soprattutto non incespicarmi nella burocrazia ospedaliera.”
“Non vedevo l'ora, una volta preso l'appuntamento ero sollevata.”
“Ho festeggiato il mio compleanno ed ero tranquilla, poiché consapevole delle ragioni sottese alla mia scelta.”
“Per fortuna i bambini erano via. Non è stato divertente ma non ho avuto nessun dubbio, volevo solo farla finita in fretta.”
“Cambiavo idea in continuazione perché non ero certa di aver fatto la scelta giusta, avevo molta paura del giudizio degli altri.”
“Ho pianto, tanto pianto. Dolore nel levare a mia figlia la possibilità di avere un fratello o sorella vicino di età con cui crescere (ma pensavamo di non aver lo stato mentale adatto per intraprendere il secondo percorso, avevamo appena iniziato a ricaricare le batterie dalla prima figlia.)”
Hai voglia di raccontare come hai vissuto la giornata dell'aborto e quelle successive?
“È stato emotivamente molto dura, ho intrapreso un percorso di psicoterapia ad un mese dall’accaduto. Per fortuna avevo la mia prima figlia che mi dava la forza.”
“Un periodo veramente brutto non avevo più voglia di fare nulla. Non volevo vedere nessuno.”
“Ero molto tranquilla e super sicura della mia decisione, la giornata stessa me la ricordo come molto bella in realtà.”
“È stato un giorno di liberazione. Dolce amaro. Ho provato la sensazione che prima davo per scontata di poter decidere della mia vita e del mio corpo, sensazione che nei giorni prima era stata coperta dalla paura e dall’angoscia per non poter decidere del mio corpo.”
“Fino all’abortivo ero certa e sicura della scelta fatta. Dopo mi sono sentita vuota, persa, piena di sensi di colpa nonostante la scelta fosse stata”ragionata.”
“Il giorno stesso confusa dopo sola e con dei terribili crampi ci ho messo più di 10 ha metabolizzare il tutto. Solo con la nascita di mio figlio sono riuscita a farlo, ma mi sentivo così in colpa che ho avuto paura che non sarei riuscita a portare avanti la gravidanza, come se non me lo meritassi.”
“Avendo una piccola figlia, ero più preoccupata dalla questione di dover lasciarla sola con mio marito per tutta la giornata, quello che non succedeva mai prima. Mi ricordo anche che mi preoccupavo se dopo la procedura mi sarei sentita abbastanza bene per poter prenderla in braccio, accudirla etc. Il giorno del raschiamento sono stata tutta la giornata in ospedale, dalle 8 alle 18. Mi mancava tantissimo la mia figlia. Ero ormai convinta della decisione presa. Nella camera con me c’era un’altra ragazza che faceva IVG, non abbiamo parlato molto, ma si vedeva che lei era una studentessa che studiava per l’esame di architettura. Eravamo entrambe tranquille e composte. Sia dal punto di vista fisico che psicologico mi sentivo okay perché sapevo che avevo preso la decisione giusta.”
“Quella mattina mi sentivo molto sola e triste. Ho trovato conforto nel fatto che le altre donne in reparto per lo stesso intervento fossero già mamme, come me. Non me lo aspettavo. La mia scelta mi faceva stare male, eppure non giudicavo assolutamente loro, allora ho cercato di essere più gentile anche con me stessa.”
“Sono andata in ospedale da sola ascoltando Sei nell’anima di Gianna Nannini. Sono arrivata e ho fatto un colloquio con una psicologa che mi ha praticamente insultata dicendomi che potevo anche pensarci prima o ripensarci. Mentre mi addormentavano i medici intorno a me continuavano a dire ‘risolviamo il problema alla bimba viziata’ Mi sono addormentata piangendo.”
“È stato più difficile di quello che pensavo e potrà sembrare strano ma è quello che poi mi ha fatto capire che avrei voluto figli.”
“Ricordo le ore nella clinica come un film. Mentre aspettavo il mio turno nel corridoio che precedeva la sala operatoria, da sola, nuda con solo un camice addosso, una radiolina dietro di me suonava "Human" di Christina Perri e non so chi mi abbia mandato quella canzone ma era la colonna sonora perfetta per quel momento. Ricordo di essermi stesa sul lettino e i dottori mi parlavano molto cordialmente e mi hanno messa molto a mio agio. Ricordo le luci sopra di me mentre mi facevano l'anestesia e poi improvvisamente il buio. Finita l'operazione mi hanno svegliata e portata in una sala con altre ragazze che avevano appena fatto la stessa cosa. Ci facevano stare là per una quarantina di minuti sdraiate per monitorarci. Mi guardavi intorno e vedevo tutta la gamma di reazioni possibili: c'era la ragazza che piangeva disperata, quella che era già al telefono chiacchierando spensierata con un'amica e poi c'ero io, che ancora non mi capacitavo e fissavo le altre senza nessuna espressione sul volto. Mi diedero dei biscotti e delle pillole, dopodiché mi addormentai ancora sotto l'effetto dell'anestesia. Ma una volta dimessa, uscendo dalla clinica col mio ragazzo, le lacrime sono arrivate. E non hanno smesso per tutto il giorno. Sapevo di aver fatto una cosa che mai mi sarei immaginata avrei fatto, che però era quella giusta per la me di allora. Tuttora lo penso.”
“Ora è passato molto tempo ed è diventato un dolore piccolissimo. Ma ai tempi mi sentivo sbagliata, ho provato davvero un dolore psicologico fortissimo in quel periodo, nonostante non abbia mai desiderato figli prima. Una volta incinta invece il mio primo desiderio era quello di portare avanti la gravidanza, ma avevo deciso che non c’erano le condizioni giuste, quindi ho praticato l’IVG. Ma è stata una scelta difficilissima. Ci ho messo anni a parlarne.”
Parlare di interruzione volontaria di gravidanza
“Ho paura a dirlo alle persone. Soprattutto ora che questi diritti vengono a essere messi in dubbio mi sento con questo scheletro nell’armadio enorme. Sento che non ne avevo diritto perché è stato proprio solo per incoscienza che sono rimasta incinta e me ne rendo conto…sapevo come si facevano i bambini eppure non ho ben riflettuto se lo volessi o meno, se ero pronta o no…pensavo di sì…”
La vergogna per il gesto compiuto è un’emozione che ritorna nei racconti di molte donne. Anche se rivendicano la scelta e tornando indietro la rifarebbero, parlarne apertamente è difficilissimo.
“È stata una scelta giusta della quale non mi sono mai pentita, e che non ha avuto tutti quegli effetti tremendi che avevo prospettato. (...) È stato un momento molto difficile che comunque mi auguro di non dover rivivere.”
“Penso che rimarrà sempre dentro di me anche se non è stato un trauma, fortunatamente la sicurezza di quello che stavo facendo mi ha fatto mantenere la lucidità. Negli anni ne ho parlato pochissimo, quasi mai, nessuna delle persone accanto a me che sapevano mi ha chiesto come stavo a riguardo. Il mio compagno è lo stesso di 18 anni fa, e non ne abbiamo MAI riparlato .. MAI .. Quell esperienza ha fatto sì che scegliessi con molta attenzione il momento della mia successiva gravidanza che è avvenuta 15 anni dopo, con una casa, con un lavoro, con una maturità ben diversa.”
Solo il 2% delle persone mi ha detto di aver parlato e continuare a parlare apertamente di quell’esperienza. Oltre un terzo delle donne invece non ne ha mai parlato con nessuno, tranne il partner e il personale sanitario. La maggior parte si è confidata con un’amica (o pochi amici intimi di cui non temeva il giudizio), una sorella o la madre.
“Anni dopo ne ho parlato con la mia migliore amica, nessun altro lo sa la mia famiglia tutt'ora è all'oscuro, sono super cattolici, non mi rivolgerebbero più la parola se lo sapessero, e già mi giudicano a sufficienza.”
“Purtroppo è un argomento delicato, ti fanno sentire sbagliata. Per fortuna ho trovato il coraggio di andare da uno psicologo e lì finalmente ho trovato un po’ di pace.”
Come sono state le conversazioni con il tuo compagno o con la persona con cui avevi concepito?
Nella maggior parte dei casi le persone che hanno risposto a questa domanda ha parlato di comprensione e supporto reciproco, di conversazioni "serene", "consapevoli", e "concrete", anche se non prive di tristezza in alcuni casi. Noto che c'è una correlazione tra la qualità delle conversazioni, la maggiore età delle persone coinvolte e la presenza di una relazione stabile.
“Ha rispettato la mia decisione e mi ha supportata ed accompagnata.”
“Mi ha capito subito e ha detto che avrebbe supportato ogni mia decisione, perché la cura dei nostri figli spettava a me quasi al 100%. Che avremmo potuto riprovare tra un paio d’anni.”
“Mio marito mi ha tranquillizzato e mi ha detto che se io me la sentivo lui sarebbe stato pronto ad affrontare un'altra gravidanza ma che comunque avrebbe appoggiato ogni mia scelta.”
“Pacifiche, entrambi sapevamo che non era il momento per nessuno dei due, seppur la cosa ci ha fatto stare male.”
“Lui voleva tenerlo, io non ero pronta e mi ha detto di scegliere ciò che pensavo fosse più giusto. Era triste ma mi ha appoggiata.”
“Siamo stati molto sereni nella scelta e in accordo. Abbiamo ragionato con calma sui rischi che avremmo corso e chiedendo consiglio a un medico di fiducia abbiamo preso la scelta di interrompere la geavidanza.”
Quando in accordo ma in presenza di malformazioni o malattie genetiche, le conversazioni possono diventare "strazianti".
“Molto oneste, dolorose per entrambi, piene di amore.”
“Molto molto intense e fiumi di pianti.”
“Siamo stati lucidi nella scelta anche se profondamente addolorati. Abbiamo pianto tanto e a distanza di mesi ancora piangiamo se ci pensiamo.”
Quando la relazione era in un momento più difficile o c'era una forte divergenza di idee sul futuro e sulla scelta da affrontare, le conversazioni sono state comprensibilmente più difficili.
“Pessime. Ha rifiutato la situazione, dandomene anche la colpa.”
“Orrende, lui aveva 10 Anni in più di me e a stento voleva assumersi le sue responsabilità.”
“Brutte. Lui era totalmente contrario, ed è stato molto brutale e poco sensibile. Io ero più dubbiosa e anche io non mi sentivo pronta x un quarto figlio, avevamo appena comprato casa, traslocato, cambiato città..ma mi sarebbe piaciuto più supporto da parte sua.”
Ci sono poi situazioni contingenti che possono rendere una scelta come questa particolarmente difficile:
“Nella fase in cui abbiamo deciso di interrompere la gravidanza mi sono sentita impotente e piena di rabbia nel dover affrontare tutti i vari passaggi da sola e non è stato per nulla facile (eravamo in piena pandemia quindi nessuna possibilità di fare entrare mio marito, neanche per le prime visite)”
In alcuni casi le conversazioni non ci sono proprio state. Soprattutto tra le donne che erano più giovani, ancora ragazze in relazioni non stabili, qualcuna ha preso la decisione senza condividerla.
Oggi
Per me è veramente difficile selezionare le parti di storie da inserire in questo testo e quelle da lasciare fuori. Sono decine di migliaia di parole che ho letto e riletto e che custodisco con cura. Non riesco a trascriverle tutte ma ringrazio una per una le donne che hanno risposto alle mie domande aprendo il loro cuore. A distanza di tempo, i sentimenti che ognuna prova sono molto diversi: c’è rimpianto, tristezza, dolore, serenità, accettazione… Ho fatt loro un’ultima domanda:
C'è qualcosa che vorresti dire a chi si trova adesso in una situazione simile a quella che hai vissuto tu?
La maggior parte delle donne dice: Ascoltati. Questa è una scelta tua. Parlane, ma non farti condizionare. E fatti aiutare a processare questo evento.
“La scelta è solo tua e della persona che ami, nessuno può dirti cosa sia giusto o sbagliato ma dentro di te hai tutte le risposte che ti servono anche se adesso sono offuscate dalla sofferenza.”
Ecco alcune risposte (i nomi che vedi, sono quelli con cui hanno deciso di firmarsi. In alcuni casi sono quelli veri, in altri no).
“Mi rattrista molto come la società e il mondo si stiano ponendo nei confronti di chi deve affrontare questa scelta. Io sono stata fortunata e non ho avuto ostacoli e vorrei che chiunque fosse in questa situazione potesse fare la propria scelta serenamente, lo auguro a tutte. E, in fine, chiunque tu sia e qualunque sia il motivo della tua scelta sappi che stai facendo quanto dí più giusto per te. Non sei una persona cattiva, non lo pensare mai. La vita ha anche gli ostacoli ma tu puoi comunque trasformarla in meraviglia. All’inizio potrebbe farti male ma vedrai che con il tempo anche questo sbiadirà e lo ricorderai con un sorriso.” Alex
“Può succedere di farlo anche se mai nella vita l'avevi immaginato.” Susanna
“Ti sono vicina.” Lilly
“Trova qualcuno esterno alla vicenda per parlare e fare tutte le valutazioni del caso e soprattutto chiedi un supporto psicologico.” Gaia
“L’aborto è un diritto. L’interruzione di gravidanza può essere un enorme gesto di responsabilità e amore. Se non avessi interrotto quella gravidanza ora non avrei i miei due meravigliosi figli. Ma anche che non volere nessun figlio è sacrosanto e nessuno può permettersi di giudicare le scelte di una donna.” M.
“Parlate in famiglia, non nascondete, non tenetevi tutto dentro, soprattutto se siete giovani o giovanissime.” Micol
“È una scelta soffertissima nessuno si deve permettere di giudicarla e non dobbiamo farlo neanche noi con noi stesse.” Paola
“Desiderare di avere un figlio e praticare comunque l’interruzione volontaria di gravidanza può succedere. A me è successo. Non sei sola. Parlane con chi ti fidi, con chi sai non ti chiederà perché e non cercherà di farti cambiare idea.” Clarissa
“Spero tu non sia sola perché in quel momento ci si sente immensamente sole, lo so. E una scelta che ti cambia per sempre ma non sei sbagliata anche se te lo faranno credere.” Fiocco blu
“Informati bene sulle possibilità che hai. Il personale sanitario non ha alcun diritto di giudicarti e trattarti male: fatti rispettare e segnala gli abusi.” Gamberetto
“Non lo dimenticherai, ma passerà.” Giulia
“Abbi cura di te.” Carlotta
“Non giudicarti.” Alice
“Ti abbraccio forte.” Claudia
PS: proprio oggi, martedì 26 novembre, è uscito un comunicato stampa dell’Associazione Luca Coscioni che denuncia il mancato accesso alle informazioni sulla legge 194 come violenza istituzionale. Da tre anni, le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove chiedono di avere dati aperti e per singola struttura per capire se e come è applicata la legge 194. “Per poter davvero scegliere di andare in un ospedale o in un altro, dobbiamo avere delle informazioni aggiornate e non vecchie di 3 anni e che riguardano le strutture e non le ASL o le regioni.” I dati sono ancora incompleti e non aggiornati e questo rappresenta una violazione dei diritti delle donne.