Come e quando abbiamo iniziato a “educare con rispetto”

Ultimamente ho ricevuto alcuni messaggi di mamme che hanno un dubbio in comune: “Io credo nell’educazione dolce, ma non è che stiamo sbagliando?”

Le situazioni sono diverse, ma il quesito rimane lo stesso.

Una mamma mi racconta della sua bambina completamente disregolata e si chiede se non dovrebbe essere più rigida di fronte all'espressione delle emozioni della piccola.

Un'altra mamma legge un articolo che attribuisce proprio alla disciplina positiva la responsabilità del malessere giovanile e si domanda: "E se avessero ragione?"

Una terza si confida con me quasi con vergogna, come se avesse commesso un peccato: "A volte mi viene voglia di tornare ai metodi tradizionali, perché, se guardo intorno a me, sembra che funzionino meglio".

Tutte queste voci mi fanno pensare a due cose:

  1. È importante continuare a porsi domande e mettere in discussione le proprie scelte. Solo così possiamo essere davvero consapevoli e intenzionali, continuando a crescere come genitori.

  2. C’è bisogno di fare chiarezza: l'eccesso di informazioni superficiali spesso genera ansia, insicurezza o rigidità.

Qualche giorno fa, al termine della nostra sessione, una mamma con cui sto lavorando mi ha scritto così: “Ad oggi penso che se avessi fatto un percorso con te dall'inizio, non sarei un gomitolo aggrovigliato…”

Questo perché ha cercato di seguire pedissequamente le indicazioni che ha trovato e che le spiegavano come doveva reagire e cosa doveva dire in determinate situazioni. Non erano necessariamente consigli sbagliati, ma le hanno impedito di sintonizzarsi davvero con i suoi bambini e soprattutto con se stessa. Ha ignorato le proprie emozioni e fatiche sacrificandosi per un obiettivo “più grande”: fare la cosa giusta con i suoi bambini. Oggi si sente stremata e un po’ disillusa. 

Ma cos’è esattamente l’educazione dolce?

Spesso chi pratica quella che chiama “educazione dolce” non sa esattamente cosa intende. Ha un’idea di alcuni valori importanti per sé nella relazione con i bambini e cerca di perseguire questo approccio anche per discostarsi da quanto vissuto nella propria infanzia. 

Io parlo sempre di educazione consapevole o educazione rispettosa. So però che le differenze non sono chiare, quindi questi due termini vengono usati in modo intercambiabile con educazione dolce e disciplina positiva. Come scrivevo in una newsletter di un paio di anni fa, 

“I nomi sono importanti e la mia esperienza professionale mi ha mostrato che per tante famiglie cambiare approccio educativo genera molte domande e una certa confusione. Il termine disciplina positiva rischia di indurre le persone a pensare che i “no” e le restrizioni siano bandite e che la risposta dell'adulto debba sempre essere positiva: questo è fuorviante. Positivo è l'atteggiamento (rispettoso, empatico, accogliente), non il contenuto.

— Educazione Dolce

Il termine "educazione dolce" non è attribuibile a una singola persona: rappresenta un concetto nato dall'incontro di diverse correnti pedagogiche e filosofiche. Trova le sue radici nel lavoro di Maria Montessori, che già agli inizi del XX secolo portava avanti un approccio educativo rispettoso e basato sullo sviluppo naturale del bambino. Successivamente, autori come John Bowlby, con la teoria dell'attaccamento, e Diana Baumrind, con i suoi studi sugli stili genitoriali, hanno contribuito a consolidare l'idea che la dolcezza e il rispetto nelle relazioni genitoriali sono cruciali per uno sviluppo sano. 

In sintesi: l’educazione dolce mette al centro il rispetto, l'empatia e la comprensione del bambino, evitando l'uso di punizioni severe o metodi coercitivi.

— Disciplina Positiva

Il termine “disciplina positiva” è strettamente legato a Jane Nelsen, psicologa ed educatrice statunitense autrice appunto di Positive Discipline (1981). Questo approccio è a sua volta basato sulle teorie di Alfred Adler e Rudolf Dreikurs, psicologi che enfatizzavano il rispetto reciproco e la collaborazione nel rapporto genitori-figli come risposta migliore possibile al bisogno di appartenenza e autostima dei bambini. 

Il lavoro di Nelsen si concentra sull'importanza di insegnare le competenze sociali ed emotive attraverso il rispetto e l'incoraggiamento, evitando punizioni o ricompense estreme, e promuove una guida educativa ferma ma gentile.

In sintesi: la disciplina positiva mette al centro il rispetto, la collaborazione, l’incoraggiamento e le conseguenze logiche al posto delle punizioni o altri metodi coercitivi.

— Educazione Rispettosa

Il termine "educazione rispettosa" (respectful parenting)non è associato a una singola persona o autore, ma è una definizione che emerge dal movimento più ampio dell'educazione basata sul rispetto reciproco tra genitori e figli (appena visto). Il concetto centrale è quello di trattare i bambini come individui a tutti gli effetti, con bisogni, desideri e diritti propri, degni di rispetto e ascolto. Un grande contributo a questo approccio è stato dato dall’educatrice e psicoterapeuta infantile ungherese Magda Gerber, che con il suo metodo RIE ha fatto un lavoro secondo me prezioso (anche se a volte sminuito o frainteso) per mostrare che i bambini possono essere trattati con rispetto fin dalla nascita, riconoscendo il loro ruolo attivo nell'apprendimento e nelle relazioni.

In sintesi: l’educazione rispettosa mette al centro il rispetto reciproco, l’osservazione, l’ascolto e la sintonizzazione come strumenti per sostenere lo sviluppo dell’autonomia senza coercizione o autoritarismo. 

— Genitorialità Consapevole

Il termine "genitorialità consapevole", o conscious parenting, è principalmente associato alla psicologa clinica Shefali Tsabary, autrice del libro The Conscious Parent (2010). Tsabary ha messo l’accento sull'idea che la genitorialità non riguarda solo l'insegnamento ai bambini, ma anche il lavoro interiore del genitore stesso. Questo approccio invita i genitori a riflettere sulle proprie reazioni, aspettative e convinzioni, ponendo l'accento sulla crescita personale e la consapevolezza emotiva. L’idea innovativa (e nella mia esperienza totalmente illuminante e vera) è che le difficoltà e le sfide della genitorialità offrono un'opportunità per la crescita personale del genitore. Un elemento fondamentale di questo approccio è l’assenza di giudizio e l’orientamento al miglioramento. 

In sintesi: la genitorialità consapevole mette al centro l’introspezione e la crescita personale, chiamando i genitori ad essere consapevoli delle proprie emozioni, automatismi e bias, per educare prima di tutto con l’esempio.

Spero che questo breve riassunto aiuti a comprendere i punti in comune e le sfumature di ogni approccio. Non si tratta di dover scegliere, ma di capire che ognuno, a seconda dei propri valori, delle proprie possibilità e dei propri obiettivi può impostare un approccio educativo che prenda spunto da ciò che gli sembra più bello, utile e possibile. 

Ci tengo a sottolineare che sebbene TUTTI questi approcci invitino a creare disciplina (ordine e rispetto) in modo positivo (non punitivo o coercitivo), NESSUNO di questi approcci suggerisce che sia bene rinunciare alle regole, praticare il permissivismo o passare ai bambini il potere decisionale all’interno della famiglia. Si tratta in tutti i casi di approcci in cui l’adulto si prende la piena responsabilità nella relazione con il bambino.

Chi si trova in una situazione in cui “i bambini fanno tutto quello che vogliono” o “tanto sanno che alla fine cediamo” o ha male interpretato le teorie o non è riuscito ad applicare, il che è assolutamente comprensibile perché non è affatto semplice essere fermi e gentili, specialmente in un modo in cui fermezza fa rima con forza e gentilezza con condiscendenza. 

Parent coaching

Il coaching si sposa benissimo con la genitorialità consapevole. La figura professionale del coach accompagna il genitore nel suo processo di introspezione-decisione-azione aiutandolo a fare scelte più consapevoli e a trovare gli strumenti più adatti per metterle in pratica. 

Se vuoi intraprendere un percorso individuale o in coppia con me, scrivimi per avere tutte le informazioni e prenotare la tua chiamata conoscitiva gratuita: elisa@ilgenitoreconsapevole.it

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Ma non è che la disciplina positiva non funziona?