Qualcosa di cui essere fieri
Alla fine di ogni newsletter faccio una domanda per raccogliere testimonianze e storie su aspetti specifici della genitorialità. Le leggo tutte, cerco di rispondere e ne scelgo alcune che penso possano essere rappresentative, di aiuto o isirazione e le condivido nella newsletter successiva.
Finora ho chiesto di raccontarmi cambiamenti o difficoltà e ho raccolto numerose risposte.
Per esempio:
“Io ho trovato estremamente difficile ed estenuante il periodo dai 3 ai 4 anni del mio bambino (altro che terribili due!) perché molto emotivo!”
“Il momento peggiore è stato quella volta che ho riversato tutta la mia rabbia e frustrazione nei confronti di mia figlia che all'epoca aveva 3 anni.”
“Ora me ne vergogno, ma quella notte ero quasi contenta che piangesse, che soffrisse come stava facendo soffrire me privandomi del sonno.”
Nella newsletter di marzo ho fatto una domanda diversa. Ho chiesto di raccontarmi una piccola o grande vittoria come genitore.
Quando hai sentito di aver fatto qualcosa veramente bene? Quando hai trovato una soluzione creativa a una difficoltà? Quando hai insegnato qualcosa che ti ha riempito di orgoglio? Quando hai tirato fuori i tuoi super poteri?
Vuoi sapere una cosa? Non ho ricevuto NESSUNA RISPOSTA.
Fino a ieri, quando mi è arrivata questa mail:
”Come sempre quando si chiede di raccontare qualcosa di positivo si fa fatica a cercarlo nella memoria , anzi sembrano uscire solo le cose brutte: se penso a qualcosa di positivo che ho fatto per i miei figli non mi viene in mente nulla, mi viene in mente solo la stanchezza che ho in questo periodo e la mia poca pazienza. Quindi per ora il mio unico super potere che forte riesco a ricordare è la piccola capacità di cambiare l’umore di mio figlio quando è “pesante” e puntiglioso e riesco a farlo ridere.
Poca cosa ma per me è un grande passo avanti al posto di rispondergli male perché appunto nn ho pazienza.
Ciao grazie per tutto,
V.”
Non conosco V. ma avrei voglia di abbracciarla. La sua mail è sincera, credo molto rappresentativa e un po’ triste. E mi ha fatto riflettere tanto.
So quanto impegno ci va ogni giorno per essere genitori. Quanta fatica si fa per tenere insieme i bisogni di tutti: le fatiche emotive dei nostri bambini e le richieste del nostro lavoro, i doveri di casa e la relazione di coppia… e in tutta questa fatica non trovare nulla di cui essere fieri o per cui darsi una pacca sulla spalla è davvero un peccato.
È triste che ci venga così difficile valorizzarci, riconoscere il buono che c'è in noi, i nostri progressie le nostre conquiste.
Del resto, se facciamo così tanta fatica a essere generose con noi stessə è possibile che anche nei confronti dei nostri figli tendiamo a essere più serverə e giudicanti.
La trasformazione parte sempre dal modo in cui parliamo a noi e di noi stessə, per poi arrivare al modo in cui parliamo con i nostri bambini e le nostre bambine.
E poi quella che racconta V. non mi sembra affatto "poca cosa", ma al contrario una bellissima capacità: quella di alleggerire.
E allora, sulla scìa della sua mail e di queste riflessioni ho rilanciato il mio appello: mi racconti qualcosa che fai o che hai fatto come genitore e che ti rende orgogliosə?
Ecco una selezione delle risposte che ho ricevuto. Mi piacerebbe che anche tu ci riflettessi e trovassi la tua.
“Io e C. pensiamo di essere persone sensibili e gentili, non solo come conseguenza del nostro lavoro di fisioterapisti, ma ci viene proprio naturale. Questo si riflette nei gesti quotidiani e spontanei che i nostri bimbi vedono ogni giorno, come aprire la porta ad un anziano, dare il braccio per salire uno scalino ad una persona con disabilità, far passare avanti un anziano, una mamma con il pancione o dei bambini. Ho fatto solo alcuni esempi, che sembrano banali, ma ti assicuro che non lo sono per niente. Tante volte mi sono trovata al nono mese di gravidanza a fare code, magari anche con il caldo oppure ho visto indifferenza nei confronti di anziani o persone in difficoltà.
Vengo al dunque! L’altro giorno G., 3 anni, ha visto la sua educatrice A. in difficoltà, aveva in braccio due bimbi piccoli che non volevano mollarla ed era l’ora della merenda. A. è solita mangiare per merenda uno yogurt che si porta da casa. Allora G., di sua spontanea iniziativa, è andato al frigo, ha preso lo yogurt di A., un cucchiaino e glielo ha portato nella stanza dove era con i due bimbi. Angelica era l’unica che non stava facendo merenda e ora poteva farla!” Alice
“Ho qualche piccolo episodio per ognuno dei miei tre figli, ma sono tutti accomunati da un filo rosso: quando sono riuscito a capire cosa li stava facendo soffrire in un momento di pianto o di crisi particolarmente fastidioso per via della situazione o della giornata. Mettendomi un attimo nel loro punto di vista di bambino, ricordandomi com'era quando ero piccolo, per me. Capire di cosa avevano paura, o voglia, o se erano stanchi, o se quello che gli veniva chiesto era eccessivo, o se stavo sminuendo una cosa che per loro era importante. Essere riuscito a farlo, quelle poche volte, mi ha reso contento del mio ruolo. Non compensano comunque le cento volte in più in cui sono stato io a fare il bambino, imponendo i miei tempi e i miei bisogni a loro, e sono state davvero troppe volte.
Un pezzo alla volta, imperfetti sempre.” Marco
“La mia più grande conquista da genitore è senza dubbi esser riuscita a riportare mio figlio a scuola dopo 2 mesi di assenza volontaria. È stato un lavoro di squadra tra genitori in realtà, non ho fatto tutto da sola, e credo che entrambi da soli non avremmo trovato la forza necessaria per farcela. La fermezza, la convinzione che era quella la cosa giusta da fare, anzi l'unica possibile. Avevamo gettato la spugna, dopo averle provate tutte, buone e cattive (purtroppo). È stata lunga, e dura, abbiamo accolto la sua necessità di stare con me e il fratellino appena nato, di sentirsi ancora amato, ancora piccolo, ancora curato. Più di quanto non facessimo già. E dopo il suo rientro a scuola è stato come se ci avesse ripagati facendo un enorme balzo in avanti in molti ambiti che lo bloccavano prima.” Gioia